ELETTRA
La nave di Guglielmo Marconi

a cura di Paolo SERRAVALLE



Parlare di Guglielmo Marconi oggi potrebbe sembrare ozioso e ripetitivo. Inventore ed esponente dell'italico ingegno da annoverarsi in un elenco che comprende nomi del calibro di Leonardo da Vinci, Galileo Galilei, Alessandro Volta e via dicendo, potrebbe finire tutto così ma il "caso Marconi" forse è un po' diverso. Innanzitutto perché grazie a lui nulla è rimasto come prima. Le radiocomunicazioni cambiarono per sempre il corso degli eventi dell'umanità, le distanze che parevano planetarie e le comunicazioni che richiedevano settimane vennero di colpo azzerate.
Marconi non era un "puro scienziato" nel senso letterale del termine ma era un uomo d'intelligenza vivissima, grande spirito pratico e refrattario agli insuccessi. Da quel famoso colpo di doppietta sparato dal bracciante della sua famiglia per confermare la ricezione del segnale radio giunto alla collina poco distante la villa Griffone di Pontecchio alla miriade di successi degli anni a venire, Marconi non si arrestò mai dando sempre la precedenza al suo "provare e riprovare" alla sola attività accademica. Buona parte delle sue scoperte più importanti videro la luce sull'

E L E T T R A

                                     "Candida nave che navighi nel miracolo e animi i silenzi" (G. d'Annunzio)

La nave di Marconi fu costruita dal Cantiere Ramage & Fergusson Ltd. di Leith in Scozia e fu varata il 27 marzo 1909 col nome Rovenska, commissionata dall'Arciduca d'Austria Carlo Stefano ad uso diporti stico. La nave misurava una lunghezza fuori tutto di 63,40m, una larghezza di 8,31m, e una stazza di 632,81 Tsl. Era mossa da una macchina a vapore a tre cilindri e triplice espansione capace di 1'000 CV che le imprimeva una velocità massima di 12 Kts.
Nel 1910 fu ceduta a Sir Maxim Waecher il quale, dopo quattro anni la rivendette all'industriale Gustav H. F. Pratt sempre col nome Rovenska. Alla fine della prima Guerra Mondiale fu rilevata dal Governo Inglese che la trasformò in pattugliatore e la destinò a servizi di sorveglianza e scorta tra le coste inglesi e i porti di Brest e St. Malo. Nel 1919 fu posta in disarmo e venduta all'asta. Grazie alle sue frequentazioni inglesi (la mamma ne era originaria) Marconi non se la fece sfuggire. Se l'aggiudicò, la sottopose a lavori d'adattamento alle sue necessità e la ribattezzò "ELETTRA" immatricolandola a Genova col numero GE956 e con il nominativo internazionale di chiamata IBDK. A proposito si ricordi che nel 1919 gli apparati radio a bordo delle navi erano ormai una realtà da una decina d'anni. Il famoso colpo di fucile era stato sparato nel 1895 e dai primi del '900 il comunicare via radio era sempre più diffuso. L'affermazione più nota (anche se ve ne furono altre precedenti) fu il salvataggio di molti tra i naufraghi del TITANIC che ebbero salva la vita per merito di Marconi e degli eroici radiotelegrafisti Bride e Phillips della loro nave.
Tornando all'ELETTRA, Marconi si mise subito all'opera sul suo nuovo laboratorio galleggiante con la collaborazione del fedele Adelmo Landini radiotelegrafista di bordo fino al 1931 quando, per un incidente, dovette sbarcare. Dalla sua nave Marconi compì lunghi e fruttuosi studi soprattutto sulle onde corte, cortissime e sulle microonde. Il 26 marzo del 1930 l'Elettra era ormeggiata al Molo Duca degli Abruzzi di Genova e da qui con il contatto di un tasto telegrafico Marconi radiocomandò l'accensione delle luci dell'Esposizione Internazionale di Sidney in Australia con i responsabili della quale aveva preso accordi. Questo fatto ebbe larghissima risonanza mondiale.
Nel 1933-34 nel Golfo del Tigullio, tra Santa Margherita e Sestri Levante, Marconi compì lunghe prove ed esperimenti mettendo in pratica le sue teorie sull'uso delle microonde per la radionavigazione "cieca". Oscurando con drappi i cristalli della plancia dimostrò che era possibile, guidandosi con fasci d'onde cortissime, pilotare una nave senza visibilità gettando così le basi della navigazione radio-assistita.
L'Elettra navigò al comando dei Capitani Lauro, Devoto e Stagnaro e attraverso molte volte l'Atlantico. Nel 1922 fu a New York dove Guglielmo Marconi partecipò ad una conferenza di ingegneri radiotecnici nella quale espose le sue teorie sulla radionavigazione e sulle onde riflesse dagli oggetti gettando i semi del futro RADAR.
Il 20 luglio 1937 Marconi sessantatreenne morì improvvisamente per cause cardiache e l'Elettra fu acquistata dallo Stato Italiano. Nel 1940, con l'entrata in guerra dell'Italia, la nave fu trasferita per prudenza a Trieste. Tale precauzione, come vedremo, le risultò fatale.
All'armistizio dell' 8 settembre 1943 l'Elettra fu requisita dalla Kriegsmarine tedesca che tuttavia autorizzò l'ing. Prof. Mario Picotti dell'Università di Trieste a sbarcare tutte le attrezzature scientifiche di Marconi che dapprima furono nascoste in zona, poi trasferite a Roma ed infine a cura del Consiglio Nazionale delle Ricerche (di cui Marconi fu presidente) destinate al Museo della Scienza e della Tecnica di Milano. Tornando al 1943, i tedeschi adibirono l'Elettra ad uso di pattugliatore. Il 22 gennaio del 1944, nei pressi di Diklo nel canale di Zara la nave fu avvistata e bersagliata da bombardieri inglesi. Colpita e prossima all'affondamento fu volutamente incagliata sottocosta dove rimase fino alla fine del confitto quando fu assegnata al governo jugoslavo di Tito.
Nel 1962 grazie al Presidente della Repubblica Segni fu restituita all'Italia e rimorchiata a Muggia dove però rimase in abbandono e allo stato di rottame. Vari enti e comitati, tra cui il Comitato Elettra presieduto dall'armatore genovese Francis Ravano ne tentarono senza risultati il recupero e il restauro.
Nel 1977, abbandonato ogni progetto di restauro per i costi eccessivi , l'Elettra fu sezionata destinandone la prua all'Area Science Park vicino Trieste, altre parti a vari musei (tra cui Villa Griffone a Pontecchio) mentre la poppa con l'elica finì al Centro Telespazio nel Fucino.
L'Italia perse così la possibilità di mantenere in vita una gloriosa testimonianza delle scoperte di un suo illustre figlio. Quella che Gabriele d'Annunzio definì "la candida nave che naviga nel miracolo e anima i silenzi" cessò per sempre di navigare e cadde essa stessa nel silenzio. Sic transit gloria mundi.


 


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