Oggi
si da per scontato che la velocità
di una nave sia un dato facile da ottenere. Un occhiata
al solcometro elettronico o al GPS e il gioco è
fatto. Ma chi ha qualche capello bianco sul capo sa che fino a pochi
anni addietro le cose erano ben più complesse.
Misurare la velocità e la distanza percorsa da un mezzo terrestre
munito di ruote è relativamente semplice: conosciuto il diametro
e quindi la circonferenza della ruota è
sufficiente contare il numero dei suoi giri
nell'unità di tempo desiderata per sapere la velocità in
kmh e quindi i kilometri percorsi. Per un mezzo che si muova immerso in
un fluido le cose purtroppo sono assai più
complesse. Una nave o un aereo si muovono per
l'appunto in acqua o in aria, ambedue mai in condizione
di calma. Perciò oltre alla velocità intrinseca
della nave o dell'aereo si dovranno anche considerare le correnti
che possono provenire da ogni direzione, la temperatura del
fluido, la pressione, la densità e tutta una serie di diavolerie
che complicano notevolmente l'esistenza di chi vuole
sapere a quale velocità si stia muovendo.
Abbandonando il calcolo della velocità degli aerei, se possibile
anche più complesso di quello delle navi, dedichiamoci a queste
ultime, croce e delizia di questo sito.
Agli albori della navigazione di misurare
la velocità di una nave non
se ne parlava nemmeno, poi qualcuno, spremendosi le
meningi, comprese che per tentare la misura della velocità relativa
tra la nave e l'acqua era necessario cercare di avere una specie
di punto fermo. Allora, dopo mille prove empiriche si
passò a filare a poppavia un cavo portante all'estremo una
specie di ancorotto di varie forme così da tenerlo
semisommerso. La sagola era munita di nodi posti a distanza regolare e
misurata e, in buona sostanza, era sufficiente contare
i nodi che passavano tra le mani guardando una clessidra
e poi un orologio per poter affermare che la nave stava correndo a x nodi
all'ora.
Solcometro
a barchetta
Va
da sé che maggiore era la velocità della nave e maggiore
era la velocità di scorrimento dei nodi tra le dita. Questo fu
il primo solcometro degno di tale nome e fu anche il padre
dell'unità di misura detta appunto "nodo"
(knot). Fu anche parecchio longevo perché, sia pure con migliorie,
modifiche, aggiunte, contanodi meccanici e altri simili ordigni spadroneggiò
nel suo settore veramente a lungo. Altre migliorie consistettero
nel filare a poppa una sagola portante un'elica connessa in
vari modi ad un contagiri la cui lettura indicava
ovviamente la velocità. E con questi diabolici ordigni si arrivò
fino agli albori del novecento.
Solcometro
a elica
Poi, qualcuno dotato di una certa preparazione in fisica e
fluidodinamica cominciò a pensare che un buon
sistema sarebbe stato quello di misurare la pressione di risalita
in un tubo graduato dell'acqua per così dire compressa
dalla velocità. Ovviamente tanto più la velocità
sale e tanto più salirà la pressione e quindi il livello
dell'acqua che risale il tubo. Bene, però ciò non teneva
conto di una serie di "disturbi". Per esempio le correnti marine
oppure le variazioni di pressione generate dallo scivolamento dello scafo
nell'acqua. Insomma, l'idea era buona ma andava perfezionata.
Nel 1910 due ingegneri svedesi Torsten Jung
e Gustaf Petersson depositarono il loro progetto per
un solcometro idrodinamico. Nel 1914, allo scopo di produrre
industrialmente il loro strumento, fondarono la Svenska AktieBolaget
(=S.p.A.- n.d.r.) Logg con l'acronimo SAL. Nel 1914, visto che
il progetto e lo strumento erano affidabili, SAL venne rilevata
da Svenska Ackumulator AB Jungner.
Solcometro
SAL( prima serie )
A
proposito di quest'ultima vale la pena di spendere qualche
parola. Sotto il nome di NIFE, marchio derivante dai
simboli chimici Ni (nickel) e Fe (ferro), al tempo erano già ben
noti gli accumulatori prodotti da Jungner per gli usi più svariati,
per lo più ferroviari, ma anche navali,
industriali e civili. Merita anche d'essere ricordata
per la sua costruzione della prima autovettura
a propulsione elettrica della storia.
La prima auto elettrica
In
affiancamento alla produzione delle batterie di accumulatori Jungner produceva
anche i dispositivi elettrici di ricarica e a ciò venne ad aggiungersi
la produzione dei solcometri SAL.
Tornando a questi, senza addentrarsi troppo nei
dettagli tecnici, il principio di funzionamento era tutto
sommato semplice: in un punto intermedio dello scafo (né
prora né poppa) si sistemano due prese a mare a breve
distanza tra loro.
Schema SAL 24
Una a fil di fasciame detta "presa statica" che sostanzialmente
rilevava la pressione determinata dall'immersione della nave in ogni
istante. L'altra presa, più complessa, consisteva in un "tubo
di Pitot", ossia in un cucchiaio rivolto verso prora e pronto
a raccogliere l'acqua in esso sospinta dalla velocità. Questa
era detta "presa dinamica". È ovvio che a
nave ferma e in condizione di acqua calma le due pressioni erano identiche.
Il tubo di Pitot avendo una certa lunghezza ed essendo sporgente
dalla chiglia ovviamente era soggetto ad
esser danneggiato da urti contro bassi fondali o, peggio,
in bacino di carenaggio. Perciò fu pensato
dapprima estraibile manualmente e quindi il personale
doveva ritirarlo prima d'entrare in porto o in bacino, poi fu perfezionato
e comandato elettricamente (EPTM) o pneumaticamente (PPTM) mediante un
contatto elettrico derivato dalla posizione "Finito" del telegrafo
di macchina. Tuttavia le attenzioni erano d'obbligo pena la
piegatura e la distruzione del tubo di Pitot (anche se era
quasi sempre possibile sostituirlo dall'interno della
nave senza ricorrere al bacino).
Tubo
di Pitot dell' Eugenio C.
Tornando alle due prese, i due tubetti ad esse collegati
portavano la pressione all'apparecchio madre, in questo era
contenuto un polmone (camera di pressione) diviso da un diaframma.
Una pressione agiva su un lato del diaframma e l'altra su quello opposto.
È ovvio che con nave ferma il diaframma era piano mentre
al salire della pressione causata dal moto della nave il diaframma
si deformava di conseguenza, al suo centro era connessa un'asticella che
trasmetteva lo spostamento all'interno dell'apparecchio. Qui, per mezzo
di opportuni leverismi e di dispositivi elettromeccanici,
lo spostamento proporzionale alla variazione di pressione veniva elaborato
e integrato per mezzo di uno scappamento ad orologeria convertendolo
in velocità oraria e distanza percorsa dalla nave.
Scappamento
orologeria
Se
lo strumento era installato a dovere e il personale ben addestrato sia
all'uso che al mantenimento la precisione era di tutto rispetto.
Il collaudo e la taratura avvenivano navigando lungo
costa (ma non troppo, cap. Schettino docet
) percorrendo "basi
misurate" e cronometrando i passaggi al traverso di "punti cospicui".
Questi potevano essere edifici o altri riferimenti ma in
alcune zone ne esistevano di appositamente creati per scopi
militari. Le tarature erano abbastanza complesse ma se ben eseguite erano
"una tantum" e non richiedevano ulteriori
ritocchi salvo periodiche verifiche.
Con il trascorrere degli anni molte furono le migliorie apportate di cui
la più importante fu l'adozione dei motori elettrici "Synchro"
o "Selsyn" secondo la definizione Jungner. Questi
particolari motorini con statore trifase e rotore monofase non erano
previsti per svolgere lavoro rotante
ma per trasmettere con precisione una posizione angolare come
se fossero un asse meccanico a distanza.
Questi permisero di trasmettere in altri locali la posizione del
solcometro di macchina indicando in plancia, in
SCP o in qualunque altro posto
la velocità della nave così
come indicata dall'apparecchio madre. Furono poi aggiunti
altri accessori come il contatto in uscita per
l'asservimento al Radar di bordo in modo che
questo potesse registrare la distanza percorsa
e lo stesso criterio permise di collegarsi
al registratore grafico di rotta e velocità
in modo da poterne conservare un tracciato.
Contamiglia
(registratore delle miglia percorse ) Indicatore
di velocita
Indicatore
di velocità stagno
La serie dei solcometri SAL (24 con fondo scala
24 nodi, 32, 48 ecc.) fu anche dotata di
varianti dedicate all'uso particolare sui sommergibili
e ad altre richieste militari. In particolare il SAL24 divenne il
solcometro più diffuso non solo sulle navi europee
ma molto comune anche in tutto il mondo con centri di assistenza diffusi
ovunque.
Nel 1973 Jungner confluì nel grande gruppo svedese ASEA (poi ABB)
e negli anni '80 l'elettronica cominciò a farsi sentire anche
in questo settore. Furono studiati e sperimentati
nuovi sistemi basati sull'effetto Doppler e la correlazione acustica
e il glorioso SAL24 cominciò a perdere
campo via via sostituito dai nuovi sistemi privi di parti meccaniche in
movimento e quindi meno soggetti a manutenzione e logorìo.
Malgrado i solcometri esistano sempre, il loro utilizzo è stato
decisamente superato dall'impiego del GPS satellitare che
con precisione ormai sorprendente da la possibilità di conoscere
i propri spostamenti in ogni istante.
Vorrei
concludere questo scritto ricordando il sig. Mario Testoni (1920-2002),
uomo che malgrado la mancanza di studi specifici, passò dalla
qualifica di semplice operaio di fabbrica a quella di tecnico
specializzato NIFE Jungner Italia.
Il SAL24 per lui non aveva segreti e per trent'anni mise
in servizio e manutenzionò un numero imprecisabile di questi
strumenti. Chi lo vide all'opera di certo lo ricorderà con
l'inseparabile sigaretta accesa. |
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Bibliografia:
Pubblicazioni Jungner di vari periodi.
Fotografie:
Pubblicaz. Jungner
Collezione Paolo Serravalle
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